La Germania valuta la nazionalizzazione di una filiale di Rosneft di fronte alle sanzioni e alle tensioni politiche
In Germania si riaccende il dibattito su possibili misure drastiche contro la società russa Rosneft, che esercita un’influenza significativa nel settore energetico del paese.
Questo torna alla ribalta nell’ambito delle nuove sanzioni statunitensi, che da un lato limitano le attività della filiale tedesca e stimolano discussioni sulla sua nazionalizzazione, e dall’altro sottolineano la forte dipendenza di Berlino dall’energia russa, che ha a lungo garantito la maggior parte delle forniture di petrolio e derivati.
Recentemente, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha emesso una licenza che esenta temporaneamente la filiale tedesca di Rosneft dalle sanzioni fino ad aprile 2026, ma questa misura non risolve la questione fondamentale del futuro degli asset della compagnia in Germania.
Il governo tedesco sta valutando diverse alternative, tra cui l’espropriazione forzata e la successiva vendita a investitori stranieri, allo scopo di ridurre la dipendenza dalla Russia in ambito energetico.
Particolare attenzione è rivolta alla raffineria di Schwedt, considerata un’installazione strategica per garantire il rifornimento di carburante a Berlino e zone limitrofe.
Gli asset, sotto gestione temporanea del governo, vengono rinnovati ogni sei mesi, ma molti esperti e politici avvertono dei rischi di una nazionalizzazione completa, che potrebbe portare a prolungate controversie legali e a ingenti pagamenti di risarcimenti a Mosca.
La Russia ha già avvertito che risponderà con misure di ritorsione contro le imprese tedesche con investimenti in Russia.
Dallo scorso marzo, Rosneft cerca invano di vendere i suoi beni in Germania.
Alcuni politici, come l’onorevole dei Verdi Michael Kellner, chiedono azioni decise, evidenziando l’importanza strategica di questi asset per l’economia e la sicurezza del paese.
La situazione mette in evidenza gli sforzi della Germania di diversificare le fonti di energia e rafforzare la propria sicurezza energetica, nel contesto di un crescente rischio geopolitico e di una crescente pressione economica derivante dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
