Terapia genetica innovativa apre nuove speranze nella lotta contro la malattia di Huntington
Gli scienziati hanno compiuto un passo avanti importante nello sviluppo di trattamenti per la malattia di Huntington, una delle patologie genetiche più complesse e distruttive, che gradualmente danneggia i neuroni cerebrali portando alla perdita di controllo motorio, destabilizzazione dell’umore e declino delle funzioni cognitive.
In uno studio di tre anni, i risultati di una terapia genica rivoluzionaria hanno dimostrato di poter rallentare la progressione della malattia fino al 75%.
Questa scoperta rappresenta il primo farmaco che possiede un reale effetto modificatore nel trattamento di questa condizione, segnando un’era nuova nella medicina e nella ricerca sulle malattie neurodegenerative.
Gli esperti di tutto il mondo attendevano con trepidazione questi risultati, poiché finora le terapie esistenti si limitavano a gestire i sintomi, senza influenzarne l’evoluzione.
Lo studio è stato condotto da uniQure in collaborazione con prestigiosi centri di ricerca universitaria a Londra.
La terapia innovativa, chiamata AMT-130, migliora in modo sostanziale la qualità della vita dei pazienti e prolunga la loro capacità di svolgere le attività quotidiane.
Il meccanismo di azione si basa sulla soppressione del gene HTT, responsabile della produzione della proteina huntingtina, che diventa tossica quando mutata.
Riducendo la produzione di frammenti proteici dannosi, si previene il danno alle cellule neuronali cerebrali.
Il trattamento viene somministrato tramite un intervento chirurgico preciso, durante il quale il farmaco viene direttamente iniettato nelle aree del cervello più colpite, utilizzando vettori virali.
L’intervento viene effettuato una sola volta, rendendo il processo molto più facile per i pazienti.
Durante lo studio, 29 soggetti hanno ricevuto il trattamento: 17 una dose elevata e 12 una dose bassa, e sono stati monitorati per tre anni.
I ricercatori hanno confrontato il decorso con quello di pazienti sottoposti al trattamento standard nell’ambito dello studio a lungo termine Enroll-HD.
Per valutare i progressi, sono state utilizzate scale cliniche standard e sono stati misurati i livelli di neurofilamenti nel liquido cerebrospinale, indicatori di danno neuronale.
I risultati hanno mostrato che i soggetti trattati hanno sperimentato una riduzione del 75% del ritmo di avanzamento della malattia rispetto ai controlli.
Questi risultati promettenti aprono nuove strade di speranza per chi vive con questa condizione implacabile, che tradizionalmente si concludeva con la morte tra i 10 e i 25 anni dall’insorgenza dei sintomi.
Ora, invece, esiste la possibilità di rallentare o fermare il processo neurodegenerativo, aprendo prospettive rivoluzionarie nella gestione futura della malattia.
