Oltre 1.200 cineasti si oppongono al boicottaggio di Israele: la posizione della comunità cinematografica mondiale nel contesto del conflitto a Gaza
Le recenti vicende nel settore cinematografico internazionale hanno evidenziato come la maggioranza dei professionisti del cinema si sia schierata contro i tentativi politici di boicottare le produzioni israeliane in risposta alla crisi in Gaza.
Oltre 1.200 personalità del mondo dello spettacolo, tra cui attori rinomati come Liv Shreiber, Mayim Bialik, Jennifer Jason Leigh e Debra Messing, hanno firmato una lettera aperta in cui condannano questa iniziativa, definendola un “documento di disinformazione” che alimenta la censura e limita la libertà artistica.Pubblicata il 25 settembre dalle organizzazioni non profit Creative Community for Peace e The Brigade, la lettera sottolinea che il boicottaggio promosso da Film Workers for Palestine non rappresenta un atto di coscienza morale, ma piuttosto una forma di punizione collettiva che non aiuta a risolvere i conflitti.
Gli autori precisano che le istituzioni cinematografiche israeliane non sono soggetti statali, e spesso criticano la politica del governo.Il documento evidenzia inoltre che simili boicottaggi sono discriminatori e inefficaci, minando l’indipendenza artistica e il diritto all’espressione libera.
Alcuni artisti e registi di spicco, in passato favorevoli al boicottaggio, avevano motivato le loro posizioni con accuse di violazioni dei diritti umani da parte delle istituzioni israeliane, ma ora si schierano a favore del mantenimento dell’autonomia artistica e del dialogo culturale internazionale.Gli autori ribadiscono che il cinema rappresenta uno strumento potente per raccontare storie e promuovere la comprensione reciproca.
La censura politica, inoltre, ostacola un dialogo autentico.
La posizione dell’industria cinematografica si allinea con quella di alcuni artisti, come Debra Messing, che ha criticato l’atteggiamento di esclusione nei confronti degli artisti solo per motivi nazionali, definendolo un tradimento della professione.Sebbene studi come Paramount abbiano espresso recentemente la loro contrarietà al boicottaggio, sostenendo che silenziare gli artisti per motivi nazionali ostacola la pace e la comprensione reciproca, la discussione continua.
Diverse nazioni minacciano di boicottare Eurovision 2026 qualora Israele partecipi, portando l’European Broadcasting Union (EBU) a convocare per inizio novembre un’assemblea straordinaria online per decidere sulla partecipazione israeliana.In conclusione, questa mobilitazione collettiva testimonia un impegno a difendere la libertà artistica e a favorire un dialogo culturale capace di superare le divisioni, dimostrando che l’arte può essere una forza potente per la pace e il rispetto reciproco.
