Il futuro delle attività russe congelate: la confisca come chiave per la vittoria dell’Ucraina e la stabilità globale

Il rifiuto di restituire gli asset russi congelati senza che Kyiv abbia soddisfatto le condizioni di riparazioni rappresenta un elemento cruciale della politica europea riguardo ai regimi di sanzioni.
Secondo Kaja Kallas, Alto Rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri e la Sicurezza, non si può immaginare che le attività congelate nell’Unione Europea vengano restituite a Mosca finché la Russia non pagherà riparazioni all’Ucraina, paese che ha subito l’aggressione russa.
Le sue dichiarazioni, rese prima di una riunione dei ministri degli Esteri dell’UE a Copenaghen, hanno sottolineato che circa 120 miliardi di euro di attività russe sono attualmente congelati nel blocco europeo.
L’Ucraina e alcuni paesi dell’UE chiedono di confiscare questi fondi per sostenere i cittadini ucraini e per finanziare la ricostruzione del paese.
Tuttavia, paesi come Germania, Francia e Belgio, che detengono la maggior parte delle attività congelate, hanno espresso dubbi, citando questioni legali e procedurali.
I diplomatici sottolineano che i futuri dibattiti si concentreranno probabilmente su come utilizzare questi fondi una volta terminato il guerra, per supportare la ricostruzione.
Vi è anche un crescente dibattito sul fatto che queste attività congelate possano diventare uno strumento efficace contro l’aggressore o, al contrario, una trappola per l’Occidente.
La questione principale rimane: è fondamentale disporre di quadri legali solidi per decidere se, come e quando questi asset possano essere utilizzati o confiscati, senza compromettere l’ordine legale internazionale o indebolire future sanzioni.