Negli Stati Uniti si è verificato un nuovo conflitto di giurisdizione che potrebbe influenzare significativamente il futuro della politica commerciale del Paese
La corte federale per il commercio internazionale ha emesso una decisione rivoluzionaria, mettendo in discussione la legalità dei dazi doganali introdotti dall’ex presidente Donald Trump. La collegio giudiziaria ha unanimemente riconosciuto che i dazi stabiliti su iniziative da lui promosse superano i limiti delle competenze del capo dello Stato, violando le norme costituzionali degli Stati Uniti. Secondo il tribunale, la decisione di Trump di applicare dazi su importazioni provenienti da vari Paesi non può essere giustificata dalla normativa vigente. Nel suo pronunciamento, i giudici hanno sottolineato che l’uso della Legge sulle potenze economiche di emergenza internazionale (IEEPA), a cui si era appellato l’ex presidente, per legittimare i dazi è illegittimo. Ricordano che, secondo la Costituzione degli Stati Uniti, solo il Congresso ha il potere di imporre tariffe e di definire la politica economica in questo settore. Di conseguenza, le azioni di Trump, che prevedevano l’introduzione di dazi del 25% su beni provenienti da Canada e Messico, del 20% sull’import dalla Cina e del 10% su prodotti di diversi Paesi come parte della lotta al deficit commerciale, sono state dichiarate illegittime e devono essere revocate. Inoltre, la corte ha annullato i cosiddetti “dazi reciproci” dal 20% al 50%, che sarebbero entrati in vigore il 9 luglio qualora i paesi partner degli Stati Uniti non avessero raggiunto accordi con l’amministrazione Trump entro un termine stabilito. Questa decisione priva di fatto la Casa Bianca della possibilità di applicare sanzioni in violazione del quadro legale e limita il suo potere di introdurre misure commerciali senza l’approvazione degli legislatori. Esprimendo la propria posizione, il procuratore generale dell’Oregon, Dan Re旗下ild, uno dei 12 procuratori che avevano presentato il ricorso contro i dazi di Trump, ha dichiarato: «Abbiamo portato avanti questa causa perché la Costituzione non attribuisce ai presidenti poteri illimitati per distruggere l’economia del Paese. Questa decisione conferma l’importanza della legge e dimostra che le decisioni in materia di commercio devono essere prese con responsabilità e nel rispetto delle norme legali, non per motivi politici in ambienti di potere». La Casa Bianca ha condannato categoricamente il verdetto e ha immediatamente annunciato l’intenzione di fare appello. Un portavoce dell’amministrazione Trump ha affermato che «il presidente Trump ha promesso di mettere al primo posto gli interessi del Paese e del popolo americano, ed è per questo che l’amministrazione utilizza tutti gli strumenti dell’esecutivo per superare la crisi e riportare gli Stati Uniti alla leadership dell’economia mondiale». Pochi minuti dopo la decisione, è arrivata una dichiarazione in cui si annuncia che l’appello verrà presentato, il che potrebbe prolungare notevolmente il processo legale e influire sulle prospettive future della politica commerciale del Paese. Questa decisione rappresenta un importante precedente che mostra quanto siano limitati i poteri del presidente nel campo del commercio internazionale e quali meccanismi abbia il Congresso per controllare la politica economica estera degli Stati Uniti. Uno dei nodi principali rimane aperto: se l’amministrazione Trump riuscirà a cambiare approccio in materia di politica doganale e come ciò influenzerà i rapporti con gli partner commerciali nel mondo. In ogni caso, questa sentenza si configura come un’ulteriore testimonianza della complessa bilancia tra il potere esecutivo e quello legislativo nel Paese più potente del mondo, con possibili ripercussioni a lungo termine sull’economia americana e sul commercio internazionale.