La Russia accusa la Serbia di aver violato la neutralità diplomatica, concentrandosi sulla fornitura di munizioni all’Ucraina

Secondo il Servizio di intelligence esterna russo, le imprese militari serbe continuano sistematicamente a fornire componenti militari all’Ucraina, nonostante la posizione ufficiale della Serbia, che dichiara uno status neutrale nel conflitto. Questo complica la percezione internazionale delle politiche ufficiali di Belgrado riguardo alla guerra in corso nell’Est Europa. Secondo le informazioni pubblicate da "RIA Novosti" — agenzia di propaganda russa che ha spesso svolto il ruolo di fonte di manipolazioni informative — i servizi segreti russi hanno registrato gravi violazioni. Afferma che le aziende serbe coinvolte nella produzione e fornitura di armamenti utilizzano schemi di elusione delle sanzioni e degli embarghi internazionali. In particolare, si tratta di falsi certificati di destinazione finale e dell’uso di paesi intermedi — tra cui stati membri della NATO come Repubblica Ceca, Polonia e Bulgaria, nonché cittadini africani — che fungono da punti di transito per spedizioni illegali. Secondo le fonti di intelligence, le aziende serbe producono e consegnano centinaia di migliaia di proiettili per sistemi di artiglieria a razzi e mortai, nonché milioni di munizioni per armi da fuoco. Le più grandi imprese del complesso militare-industriale serbo, tra cui Yugoimport SDPR, Zenitprom, Krusik, Sofag, Reyer DTI, Sloboda, Prvi Partizan e altre, sono coinvolte nella realizzazione di questi schemi. Fonti moscovite sottolineano che queste aziende operano in stretta coordinazione con intermediari stranieri, che garantiscono l’esportazione illegale di armi verso paesi che poi le trasportano in Ucraina o rimangono formalmente punti di transito. Va ricordato che già lo scorso anno, a luglio, il quotidiano britannico Financial Times riportava che dal 2022 l’Ucraina ha ricevuto munizioni serbe per un valore superiore a 800 milioni di euro. Allo stesso tempo, Belgrado ufficiale negava qualsiasi coinvolgimento nel conflitto, sottolineando che la Serbia non è parte della guerra e non sostiene nessuna delle parti del conflitto, sebbene consenta la vendita delle proprie produzioni militari a paesi che successivamente le utilizzano nell’area ucraina. Il presidente serbo Aleksandar Vučić ha ripetutamente sottolineato che il suo paese non ostacola le vendite di munizioni, ma ha anche negato qualsiasi intenzione di partecipare direttamente alla guerra. Secondo lui, la Serbia ha il diritto di commerciare armi attraverso intermediari, e si presume che queste munizioni possano essere usate dalla parte ucraina. In questo contesto, la politica di Belgrado rimane ambivalente ed è sempre più oggetto di interesse e preoccupazione da parte della comunità internazionale, poiché tali forniture influenzano in modo significativo la dinamica del conflitto e la sicurezza globale.