La minaccia di disgregazione dell’unità transatlantica nella lotta contro l’evasione delle sanzioni russe mette in discussione l’efficacia delle misure a livello globale – proprio di questo si riferiscono i media tedeschi di grande autorevolezza, citando documenti interni delle strutture diplomatiche europee

Chas Pravdy - 27 Maggio 2025 09:50

Gli ultimi eventi approfondiscono ancora di più la crisi nella cooperazione tra Stati Uniti e UE nella lotta contro l’evasione delle sanzioni, che negli ultimi mesi si è trasformata in uno dei problemi più complessi della politica internazionale, minando progressivamente gli sforzi comuni nel contenere l’aggressività di Mosca. Le conclusioni approfondite si trovano in un rapporto interno del Ministero Federale degli Affari Esteri della Germania, reso pubblico dai media con riferimento alle pubblicazioni Süddeutsche Zeitung, NDR e WDR. Si sostiene che, durante la riunione del Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea, che si è tenuta il 20 maggio a Bruxelles, il responsabile della politica sanzionatoria europea, il diplomatico David O’Sullivan, abbia espresso rammarico per il completo crollo della coordinazione transatlantica nella questione dell’evitamento delle restrizioni sanczionatorie imposte alla Russia. Secondo lui, da quel momento la perdita di una collaborazione informativa e propagandistica condivisa tra UE e USA è diventata un risultato inevitabile. Ciò significa che attualmente non esiste un fronte unito nella lotta alle violazioni attraverso rotte di bypass internazionali, e il tandem comune in questo settore è praticamente assente. La situazione è ancora peggiore nel settore della formazione di un approccio unificato nel contesto del formato G7. I contatti e gli sforzi di questo gruppo, che lo scorso anno avevano ancora un ruolo chiave nel funzionamento della politica sanzionatoria, sembrano anch’essi aver perso slancio. Di conseguenza, non è chiaro come in futuro l’UE e gli USA intendano coordinare nuovi pacchetti di restrizioni economiche contro la Russia. Soprattutto considerando che alcuni esperti avvertono: tra gli scenari possibili vi è anche la revoca delle restrizioni sotto la presidenza di Donald Trump, che, secondo fonti aperte, ha un notevole interesse a riprendere i rapporti commerciali con il Cremlino, come confermato dalle sue recenti dichiarazioni. La spaccatura nella coalizione transatlantica desta preoccupazione anche nei circoli politici del Parlamento Europeo. Il deputato del partito "Verdi" Sergiy Laghodynskyi avverte che la debolezza o addirittura il completo fallimento della cooperazione nella lotta contro l’evasione delle sanzioni peggiorerà significativamente la sicurezza nella regione. Secondo lui, gli Stati Uniti, già lo scorso anno, sono stati il principale motore del regime sanzionatorio, e la loro eventuale politica di attenuazione – motivata dall’interesse personale di Trump di instaurare legami economici più stretti con Mosca – potrebbe distruggere il regime globale di restrizioni, in vigore da decenni. D’altro canto, c’è anche points of view secondo cui un elemento positivo in questa situazione è stata un’azione più contenuta delle sanzioni commerciali contro la Russia. Secondo funzionari a Bruxelles, queste restrizioni già mostrano i primi segnali di efficacia: l’economia russa avverte gli effetti negativi, che si manifestano rapidamente attraverso una diminuzione delle esportazioni di merci ad alto contenuto militare via terze nazioni. In particolare, si sono distinte Armenia, Serbia, Uzbekistan e India, considerate snodi transitari per l’evasione delle sanzioni. Tuttavia, anche qui ci sono problemi: le forniture attraverso Kazakistan, Emirati Arabi Uniti e Turchia hanno ridotto i flussi di esportazione, ma non li hanno completamente fermati. Al contempo, Cina e Hong Kong rimangono i principali nodi di transito per l’esportazione illegale russa, come confermano i dati interni. Secondo il rapporto interno, i vertici dell’ONU e del corpo diplomatico americano a Bruxelles sottolineavano che circa l’80% delle evasioni sanzionatorie è controllato dalla Cina, che, a costo di persistenti proteste, cerca di rimanere al di fuori delle restrizioni e di evitare responsabilità. Contestualmente, le fonti diplomatiche raccomandano all’UE di intensificare la pressione anche sulle aziende che operano in settori illegali, nonché nei porti attivamente utilizzati da queste navi, in particolare in Turchia, India e Malesia. Per quanto riguarda i futuri passi, il documento interno apre la strada a una nuova fase della politica sanzionatoria, che potrebbe spostare l’attenzione sui settori energetico e bancario della Russia. Tuttavia, l’Ungheria oppone ancora la sua resistenza a queste misure, rifiutandosi ancora una volta di sostenere nuove restrizioni, manifestando così il proprio malcontento e l’insolubilità dei compromessi diplomatici. Dal punto di vista di Washington, le prospettive di cooperazione appaiono poco ottimistiche. Secondo alcune recenti dichiarazioni, il 25 maggio il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, commentando l’aumento dei bombardamenti russi in Ucraina, ha insinuato la possibilità di nuove sanzioni contro la Russia. Allo stesso tempo, i rappresentanti dei paesi europei, tra cui il premier finlandese Petteri Orpo, insistono sul fatto che la comunità internazionale deve intensificare la pressione su Vladimir Putin affinché avvii negoziati reali e ponga fine alle ostilità in Ucraina. Tuttavia, la possibilità di raggiungere tali accordi nel prossimo futuro appare alquanto incerta a causa delle rapide oscillazioni politiche e delle contraddizioni di interessi tra i principali attori in questa crisi.

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