La Gran Bretagna ha ufficialmente trasferito a Mauritius l’arcipelago delle Chagos, la cui breve preistoria e il suo significato suscitano un notevole scalpore tra le platee internazionali

Chas Pravdy - 22 Maggio 2025 19:16

Questo evento storico è stato reso possibile dopo lunghe trattative diplomatiche e legali, nonché a causa delle complesse e contraddittorie traiettorie dello sviluppo storico di questo territorio. Alla luce dell’attuale situazione geopolitica e del ruolo strategico della regione, la cessione dell’arcipelago rappresenta una mossa poliedrica che riveste un’importanza significativa nelle relazioni internazionali contemporanee. Secondo quanto riportato da "European Pravda" e citando la stampa britannica e internazionale, l’informazione sulla firma dell’accordo è stata confermata dal primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak, giovedì pomeriggio. Egli ha annunciato che, dopo un lungo blocco conseguente a procedimenti giudiziari e dispute legali, l’accordo con Mauritius è stato comunque stipulato, e l’arcipelago delle Chagos è stato restituito a questa nazione. Si tratta della conclusione di un lungo conflitto che ha avuto inizio negli anni ’60, quando le autorità britanniche iniziarono a sfollare la popolazione locale per creare una base militare anglo-americana. Secondo fonti, questa nuova fase della vicenda è stata complicata da decisioni giudiziarie. Inoltre, la cessione dell’arcipelago era stata ritardata da sentenze delle corti, le quali inizialmente avevano imposto un divieto di firma dell’accordo, suscitando reazioni di rabbia da parte dei ministeri e della comunità internazionale. Tuttavia, successivamente, una diversa decisione giudiziaria ha annullato tale divieto, portando alla conclusione del processo di trasferimento. È importante sottolineare che, secondo i termini del nuovo accordo, il Regno Unito mantiene il diritto di affittare una fondamentale base militare strategica – l’isola principale di Diego Garcia – per almeno 99 anni, con possibilità di estensione di altri 40. Sarà corrisposta una somma annuale di 101 milioni di sterline per l’affitto. Inoltre, Londra si impegna a finanziare programmi di sviluppo dell’arcipelago delle Chagos e a garantire la sicurezza della base di Diego Garcia, che continua a ricoprire un ruolo strategico per le operazioni militari degli Stati Uniti e delle forze britanniche nella regione. Per quanto riguarda gli aspetti storici, l’arcipelago delle Chagos è stato sotto il controllo britannico dal 1814. Nel 1965, a tre anni dall’indipendenza di Mauritius, i britannici separarono le isole dalla colonia ex e costituirono un distretto amministrativo separato. Per costruire la base militare, le autorità britanniche evacuarono circa duemila abitanti dagli atolli. Questo sfollamento avvenne negli anni ’60 e ’70, diventando oggetto di proteste protracted, cause legali e discussioni internazionali. Ricordiamo inoltre che la base di Diego Garcia è diventata un punto strategico chiave, sostenendo operazioni militari statunitensi dal Vietnam ai conflitti attuali in Iraq e Afghanistan. I residenti sfollati continuano a opporsi alle decisioni di questa politica, accusando i governi britannici di violare i diritti dei popoli indigeni e di aver compiuto abusi contro le comunità locali. Il Partito Conservatore di opposizione nel Regno Unito ha reagito criticando questa iniziativa, sottolineando che la cessione di un territorio controverso solleva numerosi quesiti sulla legalità e sull’etica di tale decisione. I suoi rappresentanti hanno condannato la mossa del governo laburista, accusando i rischi pratici e politici, che potrebbero influenzare la reputazione di USA e Regno Unito a livello mondiale. In conclusione, la cessione dell’arcipelago delle Chagos rappresenta una pagina importante nella lunga storia dei retaggi coloniali, degli interessi strategici militari e della lotta per i diritti dei popoli indigeni. Le sue conseguenze avranno un impatto significativo sulla politica regionale, sulle relazioni internazionali e sui processi di ricerca di giustizia in questa parte dell’Oceano Indiano.

Source