Negli Stati Uniti si discute attivamente di un nuovo piano che potrebbe cambiare radicalmente l’approccio alla gestione della crisi migratoria, in particolare riguardo ai rifugiati ucraini

Secondo informazioni di importanti testate giornalistiche americane e fonti affidabili, l’amministrazione dell’ex presidente Donald Trump intende destinare fino a 250 milioni di dollari dai fondi già pianificati per l’aiuto internazionale alla realizzazione di un programma su larga scala di rientro volontario dei migranti provenienti da diversi paesi, con particolare attenzione all’Ucraina e ad Haiti. Questa iniziativa non pubblica è stata scoperta dal quotidiano The Washington Post, che ha preso visione di documenti interni pertinenti. Secondo quanto riferito, essa è stata preceduta da lunghe discussioni all’interno delle strutture di governo ed è di fatto un tentativo di rivedere o addirittura ridurre il supporto umanitario e gli aiuti precedentemente forniti ai rifugiati ucraini e haitiani. Stando a questi documenti, più di 200.000 ucraini e circa mezzo milione di cittadini haitiani che fuggono dalle loro terre a causa delle crescenti difficoltà, guerre e conflitti, potrebbero essere coinvolti nel programma di ritorno volontario. Questa iniziativa, di cui non si era mai parlato pubblicamente prima, è stata elaborata a fine aprile dal Dipartimento della Sicurezza Interna degli Stati Uniti (DHS). Prevede che gli ucraini e altri migranti disposti a tornare volontariamente nelle loro case ricevano un aiuto economico una tantum di 1000 dollari. La DHS stessa ha riferito di aver preso questa decisione per incentivare il rientro e ridurre l’afflusso di rifugiati negli Stati Uniti. Si segnala che misure simili non sono del tutto nuove, ma sollevano numerosi interrogativi etici e legittimi. Mentre le amministrazioni precedenti rispettavano e sostenevano il ritorno volontario, questa nuova iniziativa di Trump ha suscitato critiche da parte di esperti e diritti umani. Essi sottolineano che si tratta di persone provenienti da aree molto provate da guerra e conflitti, e l’adozione di tali misure appare come un tentativo di aggirare gli standard internazionali e di minare la fiducia negli Stati Uniti come paese che difende i diritti umani. Un’altra particolarità è che il programma mira a un coinvolgimento globale: in un documento supplementare si menzionano non solo ucraini e haitiani, ma anche cittadini di Afghanistan, Palestina, Libia, Sudan, Siria e Yemen. Tuttavia, nelle comunicazioni ufficiali si afferma che l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), che tradizionalmente coordina il rimpatrio dei rifugiati nel mondo, non sostiene tali rotte di ritorno verso questi paesi. È importante sottolineare che tutti questi documenti hanno lo status di “preliminare” e non costituiscono un programma ufficiale. I rappresentanti del DHS affermano che tali documenti sono obsoleti, dato che risalgono alla fine di aprile o ai primi di maggio. Tuttavia, si riferisce che la scorsa settimana è stato siglato un nuovo accordo tra DHS e il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti con parametri finanziari simili — 250 milioni di dollari — e procedure analoghe, sebbene nei nuovi documenti non siano più specificate le nazionalità delle categorie target. Fonti vicine riferiscono che il primo gruppo di potenziali partecipanti a tale programma sono i cittadini afgani, che si desidera rientrino per primi. Un ulteriore aspetto che suscita sdegno e preoccupazione riguarda la reazione dell’opinione pubblica e degli ex funzionari governativi. Essi definiscono questa iniziativa moralmente crudele, errata e contraria ai valori fondamentali della società americana. Molti dubitano della sua legittimità, considerando che i fondi da destinare al rimpatrio erano originariamente destinati ad aiutare rifugiati in condizioni di estrema vulnerabilità. Recentemente, dopo l’insediamento di Donald Trump a gennaio, il Department of Homeland Security ha avviato una radicale riduzione o addirittura sospensione di alcuni programmi di legalizzazione temporanea e protezione per i migranti negli Stati Uniti, inclusi quelli riguardanti gli ucraini. Questo si è verificato anche nel contesto di un piano di politiche migratorie più restrittive, che prevede di bloccare o ridurre le iniziative umanitarie che consentivano agli ucraini di ottenere lo status di protezione temporanea. Migliaia di rifugiati e cittadini ucraini che temporaneamente si trovavano negli Stati Uniti attraverso tali programmi hanno iniziato a ricevere a aprile messaggi e-mail erronei che annunciavano l’annullamento dei loro status, generando ulteriore tensione e incertezza. Tutto ciò indica una tendenza verso un’immigrazione più rigida negli Stati Uniti, e secondo gli esperti potrebbe peggiorare la situazione umanitaria per migliaia di persone vittime di conflitti, oltre a creare un precedente che contrasta con gli aspetti della responsabilità internazionale e dell’umanità. Non si esclude che questa nuova linea del governo di Trump tenti di mostrare una “mano dura” in materia di controllo dell’immigrazione, mirando a restringere ancora di più l’afflusso di rifugiati o di chi cerca protezione. In conclusione, questa iniziativa ha suscitato ampio dibattito tra la società civile e le organizzazioni per i diritti umani. Essi insistono sull’importanza di mantenere un approccio umanitario e di sostenere gli sforzi multilaterali nella risoluzione delle questioni migratorie, poiché ogni interesse economico o politico non dovrebbe ostacolare i diritti e le libertà di chi si trova in difficoltà.