A Kyiv si stanno preparando per l’udienza giudiziaria contro il militare delle Forze Armate dell’Ucraina, Maksim Bobilev, che è stato rilasciato dal fronte russo nel luglio 2024 e attualmente sospettato di collaborare con il nemico e di aver trattato brutalmente i prigionieri di guerra

Chas Pravdy - 14 Maggio 2025 17:10

Questo indefettibile accusa è diventata un vivido esempio della lotta multivettoriale delle autorità ucraine contro manifestazioni di tradimento e diserzione, che hanno acquisito particolare rilevanza nel contesto della guerra. Secondo fonti, tra cui registri ufficiali dei tribunali e indagini giornalistiche indipendenti, il sospettato si trova in custodia da oltre sei mesi, anche se nega categoricamente le sue responsabilità. Secondo gli investigatori, Bobilev non solo ha mostrato lealtà alle strutture di occupazione e ha facilitato i dipendenti del "Colonia Correzionale di Kalininsk" situata nelle aree temporaneamente occupate della regione di Donetsk, ma ha anche personalmente partecipato a crudeli sevizie nei confronti dei prigionieri di guerra ucraini. L'accusa sostiene che tra settembre 2023 e gennaio 2024, cioè in meno di sei mesi, Bobilev abbia compiuto quattro azioni illecite che hanno causato sofferenze fisiche a cinque soldati. In particolare, il 19 settembre dello scorso anno, sotto il pretesto di chiarire i tatuaggi di un ex prigioniero, è stato costretto a spogliarsi e brutalmente picchiato. In quel momento, si sono uniti alla scena gli agenti della colonia, Andrija Kononenko e Artem Karyanov, che hanno percosso il prigioniero ucraino con calci alla testa, spesso immergendola nel water. Secondo gli investigatori, Bobilev avrebbe svolto un ruolo di initiatore, unendosi a loro tenendo il prigioniero dalla schiena. Inoltre, nei materiali dell’indagine si riporta che il sospettato ha partecipato ad una cosiddetta "ricezione" dei prigionieri prima di interrogatori o percosse. Le persone venivano costrette a togliersi completamente gli abiti e a mettersi nella cosiddetta "posizione della rondine" vicino al muro, dopodiché venivano brutalmente picchiate con manganelli di gomma, tra cui, secondo le indagini, all'inizio di ottobre dello scorso anno. L’ultimo episodio vede il sospettato nel ruolo di esecutore, poiché dopo un’ulteriore "ricezione" condotta dall’allora ufficiale Dmitro Andrijev, Bobilev avrebbe sferrato almeno tre colpi con il manganello sulla natica della vittima e colpito il petto con il piede indossando una scarpa. Durante le indagini preliminari sono stati interrogati circa 20 testimoni, tra civili e militari, molti dei quali hanno confermato sotto giuramento le proprie testimonianze e hanno partecipato a esperimenti investigativi, confermando la serietà dell’accusa. Contestualmente, sono stati interrogati anche il sospettato e le sue vittime, i cui testimoni hanno insistito sulla veridicità delle dichiarazioni, mentre Bobilev ha negato ogni responsabilità. I dati recuperati dai telefoni durante le perquisizioni contenevano messaggi e chiamate a numeri russi, e in un quaderno sono state trovate annotazioni con dati personali di possibili complici e ulteriori informazioni che potrebbero confermare i legami di Bobilev con le strutture di occupazione. A gennaio 2025, gli investigatori hanno formalizzato per via federale gli sospetti anche a diversi colleghi di Bobilev — dipendenti della "Colonia Kalininsk": Kononenko, Karyanov e Andrijev — che, secondo le indagini, avrebbero partecipato anche loro ad azioni illegali e crudeli nelle aree occupate. Tuttavia, lo stesso sospettato nel caso ha avuto l’opportunità di rispondere di persona alle accuse, poiché il suo arresto e il rilascio sono avvenuti già all’inizio del 2024. L’udienza preparatoria, tenutasi il 13 maggio presso il Tribunale del Distretto di Pechersk di Kyiv, ha rappresentato una fase importante del procedimento. Alla procedura ha partecipato l’avvocato Yevhen Oliynyk, che ha difeso il proprio assistito tramite videoconferenza. La regolarità dell’iter è stata garantita dal fatto che la difesa ha insistito affinché il tribunale esaminasse la causa in pubblica udienza, richiedendo anche di istituire una decisione collegiale di tre giudici, data la complessità e il risalto della vicenda. L’imputato ha negato ogni colpa davanti al tribunale. In un intervento ai giornalisti, ha dichiarato di non poter ancora aggiungere nulla ai documenti ufficiali e di non essere pronto a rilasciare dichiarazioni pubbliche. Il suo avvocato ha osservato che Bobilev rimane un militare ucraino e ha espresso preoccupazione circa la durata e la severità della misura cautelare, chiedendo di cambiarla con una meno restrittiva, considerando la possibilità di un proseguimento del servizio dell’indagato. La detenzione preventiva, in questo caso, è oggetto di discussione non solo tra i difensori, ma anche tra l’opinione pubblica: secondo Oliynyk, infatti, il suo assistito non ha ancora ammesso le proprie responsabilità e la posizione degli investigatori lascia aperte molte domande circa il suo futuro status. Se verrà dimostrata la colpevolezza di Maksim Bobilev in giudizio, potrebbe essere condannato a una pena da 8 a 12 anni di reclusione con confisca dei beni. Le origini di questa delicata inchiesta risalgono a luglio 2024, quando l’Ucraina ha restituito dal fronte russo 95 suoi militari, tra cui appartenenti alle Forze Armate ucraine (ZSU), alla Guardia Nazionale e alle guardie di frontiera. Tra loro, si trovava anche Maksim Bobilev — un militare che, secondo alcune testimonianze e attivisti civili, avrebbe collaborato con l’amministrazione occupante e rifiutato lo scambio, nonché riconosciuto la cittadinanza ucraina. Dopo il suo rilascio, Viktor "Lelёka" Lakhno, militare e volontario, ha iniziato a esprimere pubblicamente dubbi sul comportamento di Bobilev in colonia, segnalando sui social network un possibile tradimento e collaborazione con il regime degli occupanti. Questo ha suscitato scontento e indignazione tra la gente, mentre il Servizio di Sicurezza dell’Ucraina (SBU) ha aperto un procedimento penale il 18 luglio 2024. I media hanno cominciato a diffondere varie teorie e supposizioni, tra cui l’ipotesi che la Russia abbia consapevolmente scambiato un "traditore" per provocazioni e controproducente per screditare i difensori ucraini, mentre le strutture competenti assicurano di monitorare attentamente la situazione e di avere una chiara comprensione delle circostanze. Il tema del tradimento di militari catturati e poi tornati in territorio ucraino con una certa reputazione controversa resta uno dei più caldi e complessi nel panorama attuale della società e del diritto ucraini. Un monito sul fatto che la guerra non si combatte solo sul fronte militare, ma anche nel campo dell’informazione, della propaganda, e delle incertezze, con una prospettiva lunga nel contesto della sicurezza nazionale e della reputazione morale dei difensori dell’Ucraina.

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