Secondo fonti provenienti dai circoli diplomatici europei, l’amministrazione del presidente americano Donald Trump è orientata a una risoluzione rapida del conflitto nell’est Europa, cercando in particolare di concludere un “accordo di pace” tra Russia e Ucraina già nei primi 100 giorni del suo mandato presidenziale

Chas Pravdy - 23 Aprile 2025 21:29

Tale dichiarazione ambiziosa è apparsa all’interno di un’ondata informativa che si diffonde tra gli ambienti politici europei, suscitando valutazioni critiche e cautela circa le prospettive di realizzazione. Secondo un alto funzionario europeo anonimo, coinvolto in un colloquio informale con l’agenzia “European Pravda” e riferendosi alla CNN, al momento non si sono ancora registrati passi concreti o progressi verso un simile accordo. Tuttavia, il diplomatico ha sottolineato che negli Stati Uniti “si è iniziato informalmente a insistere sulla necessità di siglare un accordo di pace già nei primi 100 giorni dell’amministrazione Trump”. “Al momento molto non è ancora formalizzato o ufficializzato, ma si ha la sensazione—ha detto il interlocutore—che il loro orientamento sia chiaramente volto a raggiungere rapidamente degli accordi”. Particolare attenzione da parte degli esperti europei ha destato il tema della Crimea, oggetto di discussione nel contesto delle future trattative. Secondo l’alto funzionario, al momento risulta difficile immaginare una qualsiasi decisione circa lo status della penisola, al di fuori del mantenimento dell’attuale statu quo. “Dal punto di vista del possibile risultato, è difficile immaginare un compromesso senza il mantenimento della Crimea, sotto occupazione russa, nella stessa forma attuale,” ha sottolineato, aggiungendo che per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky tale prospettiva è, per usare un eufemismo, complicata. “Certamente, questa situazione è estremamente complessa per Zelensky e il suo team. Mantenere lo status quo non è ciò che desiderano, ma rappresenta potenzialmente la soluzione più realistico alle condizioni attuali,” ha concluso il diplomatico. Precedenti fonti diplomatiche avevano riferito che l’amministrazione Trump, la settimana scorsa a Parigi, aveva consegnato alla controparte ucraina un breve documento di una sola pagina, chiamato “proposta definitiva” per la risoluzione del conflitto. Secondo informazioni non ufficiali, nel testo si parlava di alcuni compromessi da parte americana, tra cui il riconoscimento del controllo russa su parte del territorio ucraino—incluso, ovviamente, la Crimea—e un alleggerimento delle sanzioni contro Mosca. Contemporaneamente, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato di non essere pronto a riconoscere l’occupazione russa della Crimea, affermando che la penisola è parte integrante del territorio ucraino secondo il diritto internazionale. La risposta di Trump non si è fatta attendere: ha criticato le parole di Zelensky, affermando che “la Crimea è stata persa molti anni fa”, e che le sue dichiarazioni “danno una mano alle sforzi di risoluzione pacifica”. Tuttavia, in contraddizione con la posizione ufficiale dell’Ucraina, la scorsa settimana sono emergite notizie di ulteriori discussioni circa un possibile compromesso, in particolare riguardo allo status della Crimea e all’interesse degli Stati Uniti di partecipare alla ricerca di una soluzione di pace. Ricordiamo inoltre che, a fianco di queste discussioni, circolano voci circa un possibile ampliamento del ventaglio degli argomenti di negoziato, oltre alla questione Crimea, includendo temi di sicurezza, l’adesione alla NATO e il futuro dello status del Donbas. Gli analisti ritengono che tali negoziati, nonostante l’avvio prudente, possano facilmente evolversi in un processo lungo e complicato, considerando i diversi interessi delle parti e le implicazioni geopolitiche coinvolte. In generale, la possibilità di una rapida conclusione di un “accordo di pace” già nei primi 100 giorni dell’amministrazione Trump si mantiene piuttosto controversa. Alla luce di processi di trasformazione a lungo termine, interessi politici e contesto storico, questo scenario suscita sia entusiasmo che scetticismo, poiché molto dipenderà dalla volontà interna delle parti e dalla capacità di trovare un compromesso che sia accettabile per tutti e tenga conto dell’equilibrio geopolitico nella regione.

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