Il Primo Ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, ha confermato ancora una volta la posizione inalterata del suo paese riguardo all’operazione militare nella Striscia di Gaza, chiarendo chiaramente che il governo israeliano non vede alternative alla continuazione delle operazioni fino al raggiungimento completo dei propri obiettivi

Chas Pravdy - 20 Aprile 2025 03:31

Nel suo ultimo comunicato, annunciato di sabato, ha sottolineato che l’obiettivo finale della campagna militare israeliana è la distruzione della struttura di Hamas, il rilascio di tutti gli ostaggi e la garanzia di sicurezza per i cittadini del Paese. Secondo il capo del governo, le forze israeliane agiranno finché sarà necessario, fino a quando non saranno compiuti questi tre obiettivi chiave. Inoltre, Netanyahu ha accusato il gruppo palestinese di aver rifiutato l’ultima proposta di scambio — la liberazione di metà degli ostaggi in cambio di una tregua umanitaria. «Non ci fermeremo finché non raggiungeremo il nostro obiettivo finale: la totale distruzione di Hamas, il rilascio di tutti gli ostaggi e la garanzia che Gaza non costituisca più una minaccia per la sicurezza del nostro Paese», ha affermato. Nella sua allocuzione, il premier ha anche ribadito la posizione immutata di Israele circa il programma nucleare iraniano, assicurando ai cittadini che saranno impiegati tutti i mezzi possibili affinché l’Iran non ottenga armi nucleari, poiché questa rimane una delle massime priorità della sua amministrazione in politica estera. Sul sfondo di queste dichiarazioni aumenta la pressione interna sul governo del Paese. Le famiglie degli ostaggi israeliani, così come i riservisti e gli ex militari, si stanno sempre più esprimendo a favore di una revisione della strategia e della sospensione delle operazioni militari. Si lamentano che l’escalation del conflitto e l’eccessiva durezza stanno riducendo le possibilità di una risoluzione diplomatica. Inoltre, i critici politici esprimono preoccupazione perché le autorità israeliane non sono riuscite a ripristinare un percorso diplomatico di riconciliazione dopo che il cessate il fuoco, mantenuto fin dall’inizio del conflitto, è stato interrotto lo scorso mese. Secondo le fonti operative dell’esercito israeliano, nelle ultime festività sono stati eliminati più di 40 militanti di Hamas nella Striscia di Gaza. Si segnala inoltre che sabato è stato registrato il primo caso dalla ripresa del nuovo ciclo di guerra di un militare israeliano ucciso, ritrovato nel nord di Gaza — questo rappresenta il primo grave perdita dall’18 marzo, quando Israele ha ufficialmente ripreso le operazioni contro il gruppo palestinese. Ora le forze israeliane intendono intensificare gli attacchi in tutta Gaza, con l’obiettivo di creare ampie «zone di sicurezza» all’interno della regione, abitata da oltre due milioni di persone. Tuttavia, questa strategia suscita preoccupazioni nella comunità internazionale a causa del possibile aggravamento della crisi umanitaria e delle vittime civili. Hamas, dal canto suo, insiste sulla necessità di ritirare le truppe israeliane dalla striscia, chiedendo il ritorno allo stato prebellico e sottolineando che intendono difendere le proprie terre con qualsiasi mezzo. La escandescenza accidentale o deliberata del conflitto ha spinto i mediatori internazionali a accelerare sulla proposta di un cessate il fuoco, anche se i risultati sono ancora limitati. Ricordiamo che, recentemente, Israele ha approvato a gennaio un accordo con Hamas riguardo a un cessate il fuoco e alla liberazione di ostaggi. Tuttavia, già a febbraio e marzo, attori internazionali, tra cui gli USA e il presidente Donald Trump, hanno chiesto di rivedere tali accordi a causa dell’incapacità di liberare tutti gli ostaggi e della mancanza di fiducia nelle promesse di Hamas. La ripresa delle operazioni militari dell’18 marzo ha rappresentato un proseguimento di questa tensione, e gli sforzi dei mediatori internazionali non hanno ancora prodotto progressi sostanziali. Pertanto, la situazione a Gaza si deteriora senza sosta e le prospettive di una rapida risoluzione del conflitto rimangono incerte. Gli analisti ucraini osservano che, nonostante la dura politica estera e gli sforzi diplomatici, il confronto continuerà probabilmente, e le vittime più colpite saranno i civili della regione.

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